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Recensione Quello che non sai di me di M. Wolitzer

  • Immagine del redattore: vocealgrandis
    vocealgrandis
  • 7 mar 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

di Greta P.


“Non è la morte il contrario della vita? Io penso che il non-cambiamento sia un po’ come morire” dice M. Wolitzer nel suo libro.

Quello che non sai di me venne pubblicato nel settembre del 2016. Narra di Jam, una ragazza di 16 anni che, con la morte del fidanzato, entrerà in un vortice oscuro, che ogni giorno le porterà via un pezzo di lei, un vortice da cui sembra impossibile uscire: la depressione . Dopo essere stata in cura da uno psicologo, i genitori decidono di mandarla alla Wooden Barn, una scuola per ragazzi “fragili”, dove verrà loro tolta ogni forma di comunicazione con l’esterno.

Jam verrà inserita in un corso speciale dove conoscerà quattro ragazzi che, proprio come lei, si portano un macigno dentro che li lacera: Sierra quello di una scomparsa, Casey quello della sua invalidità e Marc quello della perdita del padre mentre Griffin è un ragazzo misterioso.

Per due volte alla settimana andranno in un luogo in cui le vite spezzate vengono riparate, dove tutto è familiare, prevedibile, buono e facile.

È un romanzo il cui tema principale è il dolore e la sofferenza ma, nonostante ciò, invoglia a leggere pagina dopo pagina per sapere sempre un pezzo in più di questa tragica storia. Per tutta la lettura fa immaginare la storia, fa sperare che alcuni avvenimenti finiscano in un modo piuttosto che in un altro, lascia il fiato sospeso.

M. Wolitzer con il suo libro fa capire che non importa la durata di una relazione, di quanto tempo si abbia passato con quella persona ma importa ciò che c’era tra di loro. Un amore può durare anni, mesi oppure quarantuno giorni come nel caso di Jam, ma il dolore è soggettivo e può variare da persona a persona.

Non c’è un tempo per innamorarsi, è inconfutabile: l’amore arriva come un treno in corsa ai mille all’ ora e travolge con una marea di emozioni e, per quanto si voglia evitarlo, non si può farne a meno.

A volte è più facile dimenticare il passato che ciò che si aveva immaginato, ed è proprio quello che succede a Jam. Gli esseri umani hanno la brutta abitudine di ricordarsi solo di quello che gli piace di più, quello che in quel momento va meglio per loro e si dimenticano del resto, di tutto ciò che succede al di fuori e della vita che continua ad andare avanti e non le importa che qualcuno si sia fermato.

È interessante quello che ha detto la professoressa ai ragazzi: “ Non ho mai considerato nessuno di voi fragile. Siete tutti perfettamente attrezzati per il mondo e per la vita adulta, più della maggior parte della gente”. Le persone si limitano sempre alla parte esterna delle cose e non si soffermano sull’interno, non perdono tempo a capire perché sia successa una cosa.

Questo libro servirebbe a tutte le persone per renderle un po’ più sensibili e comprensive verso tutti coloro che non ce la fanno da soli perché in fondo abbiamo tutti bisogno di qualcuno.


 
 
 

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